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Dopo sei anni, il mio mandato volge al termine. Con questa lettera per la Quaresima,
vorrei sintetizzare le riflessioni di Avvento e Quaresima degli ultimi sei anni, a partire dal mio
primo messaggio alla Famiglia Vincenziana in occasione della festa di san Vincenzo de' Paoli
nel 2016. È in questa lettera che, per la prima volta, ho riflettuto dettagliatamente sul titolo di
"mistico della Carità" che si attribuisce al nostro Fondatore. A partire da questo titolo, a me
così caro, ho cercato di scoprire per me stesso, pur condividendolo con voi, ciò che ho
ardentemente desiderato approfondire, cioè, che cosa significhi diventare un "mistico della
Carità".
La ricerca di questi sei anni è ben lontana dall'essere finita; infatti, è solo un inizio e
una chiamata a continuare ad immergerci nella ricchezza e nella profondità di ciò che significa
diventare “mistico della Carità”. Ci invita a cercare l'unione più profonda possibile con Gesù,
1
a divenire come «Apostoli in campagna, e Certosini in casa»1, «contemplativi nell'azione e
apostoli nella preghiera»2.
Il teologo Karl Rahner, alla fine del XX° secolo, aveva pronunciato queste parole
profetiche: «I cristiani del XXI° secolo o saranno mistici o non saranno cristiani». Perché
possiamo dire di san Vincenzo de Paoli che era un “mistico della Carità”?
Noi tutti sappiamo che Vincenzo era un uomo d’azione, potremmo dunque essere
sorpresi nel sentir parlare di lui come di un mistico. In realtà, era la sua esperienza mistica della
Trinità e, soprattutto, dell'Incarnazione che hanno motivato tutte le sue azioni in favore dei
poveri. Giuseppe Toscani, CM, unì il misticismo e l'azione andando al cuore della questione
definendolo «un mistico della Carità». Vincenzo ha vissuto in un secolo di mistici, ma lui si è
rivelato il mistico della Carità.
Essere un mistico implica un’esperienza, quella del mistero. Per Vincenzo, questo
significava una profonda esperienza del mistero dell’amore di Dio. Sappiamo che i misteri della
Trinità e dell’Incarnazione furono al centro della sua vita. L’esperienza dell'amore inclusivo
della Trinità per il mondo e l’abbraccio incondizionato del Verbo incarnato per ogni persona
umana ha modellato, condizionato e infiammato il suo amore per il mondo e per tutti,
soprattutto per i fratelli bisognosi. Guardava il mondo con gli occhi del Padre (Abba) e di Gesù,
e ha accolto tutti con amore incondizionato, calore ed energia dello Spirito Santo.
Il misticismo di Vincenzo era la fonte della sua azione apostolica. Il mistero dell’amore
di Dio e il mistero dei poveri erano i due poli dell’amore dinamico di Vincenzo, ma il suo
cammino aveva anche una terza dimensione: il suo modo di considerare il tempo che era il
mezzo attraverso cui la Provvidenza di Dio si manifestava a lui. Egli agiva secondo il tempo di
Dio e non secondo il proprio ritmo. «Facciamo il bene che si presenta», consigliava. «Non
scavalcare la Provvidenza».
Un altro aspetto del tempo per Vincenzo era la presenza di Dio qui e ora - «Dio è qui»!
Dio è qui nel tempo. Dio è qui nelle persone, negli avvenimenti, nelle circostanze, nei poveri.
Dio ci parla ora, in e attraverso loro.
1
Louis Abelly, La vita del venerabile Servo di Dio Vincent de Paul, Domenico Acami 1677 Libro I, cap. XII, p.
53.
2
Costituzioni della Congregazione della Missione, IV, 42.
2
esortava continuamente i suoi discepoli non solo ad agire, ma anche a pregare e non solo a
pregare, ma anche ad agire. Di fronte a un’obiezione: «Ma, signore, vi sono tante cose da fare,
tanti uffici in casa da compiere, tanti incarichi in città, in campagna; lavoro dovunque; e
bisogna lasciar tutto da parte per non pensare che a Dio?» egli rispondeva con forza:
Si potrebbe descrivere Vincenzo come un mistico “su due fronti”. In altre parole, egli
(vedeva) viveva l’esperienza dello stesso Dio attraverso due lenti diverse, e questo, allo stesso
tempo. Una lente era la sua preghiera; l'altra era il povero e il mondo in cui viveva. Ogni angolo
della vista ha influenzato l'altro, l’uno approfondiva e affinava la percezione dell'altro.
Vincenzo “ha visto” (e sentito) l'amore di Dio attraverso questi due prismi in una sola volta e
ha agito in modo energico per rispondere a quello che vedeva.
L’Incarnazione è uno dei misteri centrali della spiritualità di san Vincenzo de Paoli.
Egli ci ha lasciato i seguenti pensieri sull’Incarnazione:
La Santa Trinità è un altro dei principali misteri della spiritualità di san Vincenzo.
Nelle Costituzioni della Congregazione della Missione possiamo leggere: «Quali testimoni e
annunciatori dell'amore di Dio, abbiamo il dovere di nutrire una devozione particolare e di
tributare un culto speciale ai misteri della Trinità e dell'Incarnazione»5. Gesù ci aiuta a
3
SV, Conferenza del 21 febbraio 1659, n. ed. it., X, p. 449 – 450
4
Regole comuni della Congregazione della Missione, X, 2.
5
Costituzioni della Congregazione della Missione, IV, 48.
3
comprendere la relazione che esiste tra le tre Persone, il legame intimo che le unisce e
l’influenza che la Trinità ha su ogni singola persona e sulla società nel suo insieme. La Santa
Trinità è il modello perfetto delle «relazioni»!
«Per onorare nella forma più completa questi misteri, [la Santissima Trinità e
l’Incarnazione], non vi è mezzo più eccellente che quello di prestare il debito
culto e di fare buon uso della SS. Eucarestia nella sua realtà di sacramento
e di sacrificio, in quanto essa racchiude in sé quasi un compendio degli altri
misteri della fede e per sua natura santifica e alla fine glorifica le anime di
coloro che la ricevono e la celebrano degnamente, rendendo così la massima
gloria alla SS. Trinità e al Verbo Incarnato. Per questa ragione nulla ci starà
più a cuore che rendere il dovuto onore a questo sacramento e sacrificio. Anzi
metteremo in opera tutte le risorse della nostra mente per infondere in tutti
sentimenti di onore e di rispetto verso l'Eucarestia, impedendo soprattutto, per
quanto è possibile, che si dica o si faccia alcunché di irriverente contro questo
sacramento e insegnando incessantemente agli altri ciò che bisogna credere
circa un così grande mistero e con quale animo si debba venerare»6.
6
Regole comuni della Congregazione della Missione, X, 3.
7
SV, Esortazioni ad un fratello moribondo (1645) n. ed. it., XI, p. 131.
4
messaggio particolare che Ella, nella sua bontà materna, ha rivelato nella
Medaglia Miracolosa»8.
Una delle principali sorgenti a cui Vincenzo ha attinto come mistico della Carità era
l’orazione quotidiana. Una delle frasi più citate di san Vincenzo è tratta da una conferenza
tenuta ai membri della Congregazione della Missione ed esprime con eloquenza
l’atteggiamento di Vincenzo:
«Datemi un uomo d’orazione e sarà capace di tutto. Egli potrà dire con il santo
apostolo: “Posso tutto in colui che mi sostiene e mi conforta” (Fil 4, 13). La
Congregazione della Missione sussisterà finché l’esercizio dell’orazione vi sarà
fedelmente praticato, perché l’orazione è come un baluardo inespugnabile che
mette i missionari al riparo da ogni sorta di attacchi»9.
La direzione spirituale: san Vincenzo spesso ha parlato della necessità della direzione
spirituale. «… la direzione spirituale è molto utile. Da essa otteniamo consiglio nelle difficoltà,
incoraggiamento nell’avversione, rifugio nella tentazione, forza nell’abbattimento; infine, è
una fonte di beni e di consolazioni, quando il direttore è caritatevole, prudente ed esperto»11.
L’obiettivo di parlare con una guida spirituale, espresso chiaramente fin dai
tempi dei Padri e delle Madri del deserto, è semplice: si tratta della purezza del cuore. Vincenzo
raccomandava quindi la direzione spirituale almeno alcune volte all’anno12, specialmente
durante i ritiri o i tempi liturgici come la Quaresima.
8
Costituzioni della Congregazione della Missione, IV, 49.
9
SV, L’orazione, n. ed. it., XI, p. 80
10
SV, Conferenza del 10 agosto 1657, n. ed. it., XI, p. 337-338.
11
SV, Lettera A Suor Giovanna Lepeintre, in Opere, n.ed it, III, p. 551.
12
Cfr. Regole comuni della Congregazione della Missione, X, 11.
13
SV, Ripetizione dell’orazione del 1 e 3 novembre 1656, n. ed. it., XI, p. 303
5
Le Costituzioni della Congregazione della Missione ci interpellano a ricorrere
frequentemente al sacramento della Riconciliazione «per attendere alla conversione continua
e ravvivare la nostra vocazione»14.
«È una buona pratica scendere nei particolari delle cose umilianti, quando la
prudenza permette di manifestarli ad alta voce. In tal modo se ne trae il
vantaggio dovuto al superamento della ripugnanza che ognuno prova nello
scoprire quello che la superbia vorrebbe tener nascosto. Sant’Agostino stesso
svelò i peccati segreti della sua gioventù e ne compose un libro, perché tutti
sapessero l’insolenza dei suoi errori e gli eccessi del suo libertinaggio. E quello
strumento eletto, il grande apostolo san Paolo, rapito sino al cielo, non ha
confessato di aver perseguitato la Chiesa? L’ha anche scritto, perché sino alla
fine della storia si sapesse che era stato un persecutore»16.
Quello che ha fatto di san Vincenzo un mistico della carità è il fatto che la preghiera
era al centro della sua vita. Essa diventa allora una forza trasformatrice. La preghiera è uno
stato dell’anima, una relazione continua con Gesù. Parlo, ascolto e condivido con Qualcuno
che è «l‘Amore» della mia vita e al quale desidero ardentemente assomigliare.
14
Costituzioni della Congregazione della Missione, IV, 45, § 2.
15
Costituzioni della Congregazione della Missione, IV, 46.
16
SV, Conferenza 36, L’umiltà n. ed. it., XI, p. 47.
17
SV, Lettera A Bernardo Codoing, in Opere, n.ed it, II, p. 376,
18
SV, Brano di conferenza (settembre 1655), n. ed. it., X, p. 264.
6
«Ma nella Compagnia, povera Compagnia, non si permetta mai nulla di
singolare, né nel vitto, né nel vestito, ad eccezione dei malati, poveri malati, per
l’assistenza dei quali bisognerebbe vendere perfino i calici della chiesa.
Dio mi ha dato per loro una vera tenerezza e lo prego di dare questo spirito alla
Compagnia»19.
«Ovunque andranno a visitare un malato, sia in casa che fuori, lo
considereranno non come uomo, ma come Cristo stesso, il quale dichiara che
quel gesto di pietà è rivolto a Sé»20.
Vincenzo de’ Paoli, nel diventare un "mistico della Carità", ha compreso e vissuto il
rapporto con i malati e le persone anziane sull’esempio di Gesù.
All'inizio di questa lettera, ho scritto che i sei anni di ricerca di ciò che significa essere
un "mistico della Carità" sono ben lontani dall’essere finiti; continuiamo a scavare nella sua
ricchezza e profondità.
Per non disperare durante questo pellegrinaggio, ricordiamo che è Gesù che ci ha
chiamato a seguirlo nel cammino della nostra vocazione. Egli rimane sempre con noi, come la
Madonna della Medaglia Miracolosa, san Vincenzo de' Paoli e tutti gli altri Santi, Beati e Servi
di Dio della Famiglia vincenziana. Continuino a intercedere per noi!
Tomaž Mavrič, CM
19
SV, Conferenza del 5 Dicembre 1659, n. ed. it., XII, p. 683.
20
Regole comuni della Congregazione della Missione, VI, 2.